Sarajevo: Cosa fare e vedere in un weekend

Sarajevo è una città che sogno da tanto e che, una volta visitata, mi è rimasta addosso. Ha il profumo di oriente e l’aspetto dell’occidente, ma soprattutto, ha una storia che parla, che ti chiama, ti commuove e ti insegna. In questo articolo vi racconto cosa abbiamo visto e vissuto in due giorni e mezzo, con consigli pratici, emozioni autentiche e spunti per rendere il vostro viaggio ancora più significativo.

Sarajevo: Cosa fare e vedere in un weekend

Indice: cosa troverai in questo articolo

  • Introduzione e prime impressioni
  • Free Walking Tour e storia della città
  • Sarajevo dell’assedio: tour e memoriali
  • Monte Trebević e la pista da bob abbandonata
  • Fortezza Gialla e vista panoramica
  • Musei sulla guerra e il Tunnel della Speranza
  • Sarajevo: incontro tra oriente e occidente
  • Cosa mangiare a Sarajevo
  • Informazioni pratiche per il viaggio

Sarajevo: una città che ti resta nel cuore

Sarajevo la sognavo da anni. Era come un pensiero fisso, una città che tornava nei miei pensieri ogni volta che pianificavo un nuovo viaggio.

I ricordi della guerra, vissuti da bambina attraverso le immagini trasmesse in TV, hanno reso questo luogo una presenza costante nella lista delle mete che sentivo di dover visitare.

Finalmente, quest’anno, complice l’apertura dei voli diretti Ryanair da Milano Bergamo, sono riuscita a partire.

Com’era rispetto alle mie aspettative? Esattamente come l’avevo immaginata: autentica, viva, ferita ma dignitosa. Sarajevo è una città che parla, che racconta il suo passato, che non dimentica, ma che con dignità prova ad andare avanti. È viva, autentica, eppure fragile: una polveriera che porta ancora i segni di un conflitto troppo vicino nel tempo.

Il consiglio che voglio dare a chi sta leggendo questo post è semplice: andateci. Fatelo presto. Visitate Sarajevo non solo per ammirarla, ma per ascoltare la sua storia, per sentire le voci di chi l’ha vissuta, per diventare a vostra volta testimoni e ambasciatori della memoria. Parlatene, condividetela, invitate altri a partire. Perché questo popolo merita ascolto, rispetto e riconoscimento.

Noi siamo arrivati un giovedì nel tardo pomeriggio e siamo ripartiti la domenica a pranzo. Due giorni e mezzo pieni, che si sono rivelati perfetti per visitare la città con calma.
A mio avviso, un giorno in più sarebbe stato l’ideale, per includere magari un’escursione a Mostar, che molti definiscono splendida. Ma con il tempo che avevamo, concentrarsi solo su Sarajevo è stata la scelta giusta.

Cosa fare e vedere a Sarajevo?

Ecco un elenco di ciò che abbiamo visto e fatto, sperando possa esservi utile nell’organizzare il vostro viaggio.

Free Walking Tour: il modo migliore per iniziare

Come spesso facciamo, abbiamo scelto di iniziare il nostro viaggio con un Free Walking Tour (prenotati tramite questo link).
Il primo, in italiano, con Bella Bosnia, ci ha portati alla scoperta della storia della città, dal Ponte Latino all’eredità dell’Impero Ottomano. Una guida preparata e coinvolgente ha reso le due ore davvero interessanti.

📝 Nota personale: a fine tour, siamo stati invitati a pranzo dalla guida. Attenzione però: anche se ci aveva detto che non avremmo dovuto pagare per lui, alla fine ce lo siamo ritrovati sul conto. Nessun dramma (il pranzo per tre persone, guida inclusa, è costato circa 50 euro), ma consiglio di evitare pranzi “informali” post-tour per non rischiare malintesi.

Sarajevo – il gruppo del free walking tour in italiano

Tour dell’assedio

Nel pomeriggio abbiamo partecipato a un tour in inglese dedicato alla Sarajevo dell’assedio, ed è stato uno dei momenti più intensi e toccanti del nostro viaggio. La guida, Nene, è un ragazzo del posto che ha vissuto l’assedio da bambino, all’età di 7 anni.
Ascoltare i suoi racconti – autentici, vissuti, spesso dolorosi – ha reso questa esperienza unica. Poter vedere i luoghi simbolo del conflitto accompagnati dalle sue parole è stato profondamente emozionante.
Consiglio questo tour con tutto il cuore. Durante il suo tour abiamo avuto modo di vedere:

  • Le Rose di Sarajevo: Le Sarajevske ruže sono memoriali urbani straordinari, nati durante e dopo l’assedio (1992–1996). Si tratta dei crateri lasciati sull’asfalto dalle esplosioni delle granate, riempiti con resina rossa per commemorare i civili uccisi in quel preciso punto. Il nome “rose” deriva dalla forma simile a un fiore che assumevano i crateri dopo le esplosioni. Ognuna rappresenta almeno tre vite spezzate. Se ne contano oltre un centinaio disseminate in città: noi ne abbiamo viste chiaramente davanti alla Cattedrale, al mercato Markale (luogo di due stragi civili), e vicino al memoriale dei bambini uccisi.
  • Il Memoriale dei Bambini Uccisi: Situato accanto al Veliki Park, questo monumento commemora 1.621 bambini morti durante l’assedio. Colpiscono i cilindri con incisi i nomi e le date di nascita e morte di ciascun bambino. Facendoli girare, emettono un suono simile a un sonaglio: un richiamo ai loro giocattoli e al tempo spezzato dell’infanzia. La base del monumento è in bronzo, realizzata con frammenti reali di mortai e bombe. Vi sono impresse impronte di bambini, simbolo della loro presenza eterna. È un luogo che commuove profondamente, difficile da dimenticare..
  • Sniper Alley: la via più pericolosa dell’assedio, oggi simbolo della resistenza civile. La via principale della città durante l’assedio, costantemente sotto tiro dei cecchini. Attraversarla significava rischiare la vita ogni giorno. Oggi è un simbolo della resistenza e della sopravvivenza della popolazione civile. Camminando in questa via si vedono ancora nei palazzi i segni di questo assedio, con le pareti dei palazzi ancora segnate dai colpi che venivano esplosi.
  • Hotel Holiday Inn: Il famoso hotel giallo, utilizzato dai giornalisti internazionali durante la guerra. Divenne una sorta di quartier generale dell’informazione mondiale sull’assedio.
  • ICAR – memoriale della carne in scatola

    ICAR – Memoriale della carne in scatola: un simbolo ironico e amaro degli aiuti alimentari ricevuti durante l’assedio di Sarajevo. Un’opera che, dietro l’apparente ironia, cela una denuncia pungente – un racconto di sarcasmo, rabbia e dignità profondamente umana. La nostra guida ci ha raccontato come, durante i quasi quattro anni dell’assedio, la popolazione civile abbia vissuto in condizioni estreme: privazioni di cibo, acqua, elettricità, medicine. La sopravvivenza quotidiana dipendeva quasi interamente dagli aiuti umanitari internazionali. Tra gli alimenti distribuiti più di frequente c’erano tonnellate di carne in scatola: dura, insapore, a tratti immangiabile, e completamente estranea alla cultura gastronomica locale. Ma ciò che feriva più del sapore era il messaggio implicito: bastava sopravvivere, la dignità poteva aspettare. Nel 2007, per denunciare questo aspetto assurdo e degradante dell’assistenza internazionale, l’artista bosniaco Nebojša Šerić Shoba – anche lui residente a Sarajevo durante l’assedio – ha realizzato il Monumento alla carne in scatola. Si tratta di una scultura in alluminio che riproduce una gigantesca lattina, collocata in un parco nei pressi del centro città. Il monumento è volutamente provocatorio: non celebra le vittime, ma il simbolo della loro umiliazione. Sulla targa si legge: “In memoria dell’aiuto internazionale che non ci ha uccisi, ma nemmeno ci ha fatto vivere.” Quando l’opera fu pronta, il governo vietò di esporla nella zona centrale. Venne quindi collocata in una posizione leggermente decentrata. Ironia della sorte – o destino beffardo – proprio davanti a essa, pochi anni dopo, sorse la sede della FAO. Come se il monumento avesse trovato spontaneamente il suo interlocutore ideale, ricordando a chi di dovere le contraddizioni della solidarietà internazionale.

  • 🎯 Tappa extra consigliata: Se visitate il Monumento alla carne in scatola, vi consiglio di fare una tappa anche al vicino Café Tito. È un luogo unico, simbolico, nostalgico e insieme provocatorio, che racconta un frammento fondamentale dell’identità balcanica. Il caffè è un omaggio – a tratti affettuoso, a tratti ironico – a Josip Broz Tito, il carismatico leader della Jugoslavia socialista. Al suo interno, ogni dettaglio rievoca quell’epoca: fotografie di Tito ovunque, bandiere rosse, manifesti di propaganda, uniformi militari, oggetti d’epoca e persino veicoli dell’esercito parcheggiati all’esterno. Vale la pena visitarlo? Assolutamente sì – soprattutto se siete curiosi di capire più a fondo l’anima complessa di Sarajevo e, più in generale, dei Balcani. Il Café Tito è molto più di un locale: è un’esperienza immersiva che permette di percepire, quasi fisicamente, le stratificazioni storiche e identitarie della città – dal mito del socialismo jugoslavo, alle ferite della guerra, fino alle contraddizioni del presente.

    Caffè Tito – ph credit Cafe Tito FB page


Monte Trebević e la pista da bob

Nel nostro week end lungo a Sarajevo abbiamo anche approfittato per salire sul Monte Trebevic e visitare la famosa pista da bob, ormai abbandonata, che fu utilizzata durante le Olimpiadi invernali del 1984.

Per salire sul monte Trebevic si prende la cabinovia vicino alla Biblioteca nazionale. La salita costa 20 marchi se solo andata, o 30 marchi a/r (i bimbi non pagano). Noi abbiamo acquistato l’andata e ritorno, anche se alla fine siamo scesi dal monte a piedi.

Arrivati in cima al monte (che ha un’altitudine di circa 1.150m), appena usciti dalla cabinovia vediamo subito il simbolo dei 5 cerchi olimpici. Con una camminata di neanche 10 minuti, in cui si può ammirare il panorama della città dall’alto, siamo arrivati all’inizio della pista da bob.

La pista, oggi abbandonata ma accessibile liberamente, è un vero e proprio corridoio di cemento immerso nel bosco, lungo oltre un chilometro, e completamente ricoperto di graffiti colorati. Camminarci sopra è un’esperienza surreale: ogni curva ti parla di un passato in cui Sarajevo era al centro del mondo sportivo, ma anche di un periodo buio in cui la pista venne usata dai cecchini durante l’assedio degli anni ’90.

Arrivati alla fine della pista, abbiamo poi scelto di proseguire a piedi la discesa verso Sarajevo, più che altro per pigrizia perché non volevamo rifare in salita la strada percorsa prima. La discesa è stata a dire il vero abbastanza lunga (in totale ci abbiamo impiegato oltre 2 ore) e con pezzi molto ripidi… quindi attenti che poi vi ritroverete come noi il giorno dopo con dolore ai polpacci 😀


Fortezza Gialla: panorama e memoria

Sarajevo – vista dalla fortezza gialla

Un’altra piccola salita (a piedi) da piazza  Baščaršija porta alla Fortezza Gialla, da cui si gode una vista meravigliosa sulla città.
Se riuscite, andateci al tramonto. Lungo la salita, passerete davanti a uno dei tanti cimiteri cittadini, con tante tombe di ragazzi tra i 20 e i 30 anni, tutti morti negli anni dell’assedio.

 


Musei e Tunnel della Speranza

A Sarajevo ci sono diversi musei sulla guerra. Viaggiando con un bambino di 7 anni, abbiamo preferito evitare quelli più crudi, ma vi segnalo:

  • Museo del genocidio di Srebrenica: molto consigliato, vicino alla cattedrale.
  • War Childhood Museum: racconta l’infanzia durante l’assedio attraverso oggetti. Bello ma, per me, non emozionante come mi aspettavo.
  • Tunnel Spasa (Tunnel della Speranza): scavato sotto una casa vicino all’aeroporto, ha permesso il passaggio di persone e aiuti durante l’assedio.

Sarajevo: dove si incontrano est e ovest

Una delle cose più affascinanti di Sarajevo è il suo essere ponte tra Oriente e Occidente.

In via Ferhadija troverete una targa con scritto “Sarajevo Meeting of Cultures”: da un lato, l’anima ottomana con bazar, minareti, moschee; dall’altro, eleganti palazzi austro-ungarici. In un solo passo, cambi completamente atmosfera.

In sostanza, ciò che appare evidente di Sarajevo è che si tratta di una città che collega l’Oriente e l’Occidente – non solo come due metà del mondo, ma anche culturalmente – con l’Oriente identificato con la tradizione ottomana e islamica, e l’Occidente con l’influenza austro-ungarica e cristiana


Cosa mangiare a Sarajevo

La cucina locale è deliziosa, abbondante ed economica.

  • Ćevapčići: piccoli cilindri di carne alla griglia, serviti con pane e cipolla.
  • Burek: sfoglia ripiena di carne o formaggio.
  • Zuppe e piatti di carne in ogni locale.
  • Dolci tipici: baklava, kadaif, lokum (perfetti da provare con il caffè bosniaco).
  • Bevande: ottima la birra di Sarajevo, ma io ho adorato il ayran, una bevanda allo yogurt.

🍽️ Ristorante consigliato: Dveri – imperdibile, ma molto richiesto. Prenotate o andate a pranzo prestissimo (noi ci siamo andati alle 11.30!).

Sarajevo – cosa mangiare

 


Informazioni utili

  • Sarajevo – gli orari del bus

    ✈️ Aeroporto–centro: L’aeroporto di Sarajevo è a circa 30 minuti dal centro città. Si può raggiungere il centro con il taxi (al costo di circa 20 euro) o tramite un comodo bus che parte proprio davanti all’aeroporto e arriva alla famosa piazza Baščaršija e che costa 5 marchi bosniaci (circa 2,5 euro) – i bimbi non pagano! Noi abbiamo usato il bus sia all’andata che al ritorno, lo abbiamo trovato comodo e economico, l’unica pecca è che ne parte solo uno ogni ora e mezza circa quindi deve essere l’orario giusto rispetto al proprio volo senno si rischia di arrivare in aeroporto prestissimo.

  • 💳 Pagamenti: carte accettate ovunque; presenti anche sportelli Unicredit (senza commissioni per i clienti).
  • 📶 Roaming: attenzione! La Bosnia non è in Schengen: disattivate i dati mobili o rischiate costi altissimi.
  • 🛏️ Dove dormire: consiglio di trovare da dormire in zona centrale in modo da andare a piedi ovunque! Noi eravamo a 2 minuti dalla cattedrale, in un appartamentino piccolo ma molto carino preso su booking che vi consiglio Link all’appartamento

Conclusione

Sarajevo è una città dove la bellezza convive con il dolore, dove il passato pesa ma il futuro resiste.
Spero che questo racconto vi sia utile per organizzare il vostro viaggio, ma soprattutto per viverlo con il cuore aperto, e che possa avervi fatto venire voglia di visitare questa città che a me è rimasta proprio nel cuore.

Se ci andate, raccontatela anche voi. Sarajevo ha bisogno di voci che la portino nel mondo.

 

 

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